La fortunosa circostanza di capitare in casa di amici mentre stanno assaggiando Barbaresco Santo Stefano, nientepopodimeno che di Bruno Giacosa. Annate 1970 e 1971!Un bicchiere (due) anche a me e la sottrazione (a loro) d’un goccio di gioia per due sbalorditivi vini.
Forse il 1970 ancor più sbalorditivo, tanto da ricordarmi un articolo di Veronelli per Panorama (n. 528, 3 giugno 1976, intitolato Trema l’erba d’intorno) in cui ammoniva di non dimenticarla, quell’annata, e che puntualmente riproduco.
Gian Arturo Rota
Certo, ci sono personaggi – nel mio campicello, il vino, dico – che ti stupiscono ad ogni incontro.
Vedi un pò il Bruno Giacosa di Neive; scontento, brontolone, pessimista e, proprio per questo suo pessimismo, arrabbiato alla ricerca del meglio.
Hai da vederla l’amaritudine con cui mi “sciorina” lì sul tavolo, tutta la serie dei campioni-cru di cui dispone.
Non ti aggredisse, già al momento che te ne versa uno, il fiato lungo e travolgente – alla sua malinconia, all’irrequietezza, all’aspetto – giureresti: la peggiore congrega di vini da cotogni.
Buondio, che all’elogio pari non sono le parole: ciascuno di un’annata monstre, scelto appunto con la rabbia del meglio, Barbaresco cru Santo Stefano di Neive d’Alba, Barbaresco cru Asili di Barbaresco, Barbaresco cru Montefico di Barbaresco, Barolo cru vigna Rionda di Serralunga d’Alba Val Maggiore di Vezza d’Alba, Freisa cru Licenziana di Barbaresco, Grignolino cru Presidente di Olivola, Grignolino cru Valfea di Quarto d’Asti, Dolcetto d’Alba cru San Cristoforo di Neive, Barbera d’Alba cru Arioni di Serralunga d’Alba, Barbera d’Alba cru La Ginestra di Monforte, Arneis bianco secco dei vigneti dei Roeri (sì, l’ultimo non ha cru: vino prodotto da un vitigno “disperso” é rivissuto per la buona volontà di alcuni “invecchiatori”: é giocoforza raccoglierne i pochi grappoli un poco qua e un poco là, a Montaldo, a Monteu, per le vigne dei cosidetti Roeri, di cui l’uva é da considerarsi autoctona).
Sentilo come – anziché placarlo – il mio entusiasmo, per Barbaresco e Barolo, l’esaspera: tutti a chiedergli il 1971 ed ignorare il 1970. Maledetti, debbo dirlo? Bruno ha millanta ragioni: sparsa la voce (vera) di un 1971 superbo eccoli saltar tutti, come le capre, dove ne salta uno, senza pensar più oltre.
Amico mio, ci si deve guardare, massì anche pel vino, dalla voce del popolo: il 1970, sia per i cru del Barbaresco, sia per i cru del Barolo, ora e per molti anni é per maggiore equilibrio ed armonia, più completo.
Luigi Veronelli