Diamo l’elenco, in ordine cronologico, delle principali testate cui Veronelli ha collaborato, con i relativi argomenti, e di quelle che ha diretto.

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TESTATE CON CUI HA COLLABORATO

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Argomento: varie (rubriche Gola e salute, Alla ricerca dei cibi perduti, Cucina, L’Italia a tavola, sui luoghi del Giro d’Italia, Alla ricerca dei cibi genuini, Itinerari gastronomici, Gastronomia, Mangiar bene).

Argomento: cucina (rubrica I consigli di Veronelli).

Argomento: cucina (rubriche Cucina, Cucina-Stagione-Vino).
Supplementi: La domenica in trattoria-Dove mangiare bene in Italia.

Argomento: vino (rubrica Un vino al mese) e cibo (rubrica La pagina di L.V.).

Argomento: cucina, luoghi, vino (rubriche La tavola di Veronelli, Cucina, A tavola con Veronelli, Viaggio fra i grandi vini d’Italia, più alcuni fuori rubrica).
Supplementi: L’aristocrazia dei vini, L’aristocrazia delle acqueviti, L’aristocrazia dei cibi, L’aristocrazia dei formaggi, L’aristocrazia dei dolci.
Speciali: Bevete con Epoca-80 vini di V. (raccolta a schede).

Argomento: vino (rubrica Il buon vino, più alcuni fuori rubrica).
Supplementi: Alla ricerca dei formaggi contadini; Alla ricerca dei vini sconosciuti; Italia gastronomica; La pastasciutta di Veronelli; La cantina ideale; A tavola-Le ricette regionali.

Argomento: vino e non solo (rubrica Le lione ivrogne).
N.B. Pubblicati alcuni articoli anche prima dell’80, l’anno d’inizio dell’effettiva collaborazione

Argomento: cucina soprattutto (rubrica Pan’e vino).

Argomento: varie (rubriche Il Veronelli, Guida Veronelli, Guida Capital).
Supplementi: Agenda Veronelli (dal 1986 al 1990).

Argomento: varie (rubriche Le soste e Veronelli&Veronelli).

Argomento: varie (rubrica I Veronelli).
Supplementi: Bere Bene–Guida agli accostamenti cibi/vini (a cura di Bedi Veronelli).

Argomento: varie (rubriche Carta&Vini, Tavola&Cultura, Tavole&Cantine, L’angolo di Veronelli, Maitre à vivre).

Argomento: itinerari (rubrica Bianco, Rosso e Veronelli, sui luoghi del Giro d’Italia).

TESTATE DI SUA DIREZIONE

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Argomento: cucina, gastronomia.

Argomento: varie (rubriche Veronelliana e Le schede di Veronelli, più fuori rubrica).
N.B. Post-direzione, ha collaborato ancora per qualche numero.

Argomento: vita materiale.

Argomento: cucina (rubriche Cucina, Cucina-Stagione-Vino).
Supplementi: La domenica in trattoria-Dove mangiare bene in Italia.

Argomento: varie.
N.B. Post-direzione, pubblicati articoli tra il 1993 e il 2003.

ARTICOLI N° 1

Sono qui raccolti – così da metterli in speciale evidenza – gli articoli N1 di Veronelli, per alcune delle tante testate cui ha collaborato.

Sono preceduti, per contestualizzarli, da brevissima introduzione.

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A Carta, settimanale, Veronelli collabora dal 2002 al 2003, con una rubrica – Le parole della terra – condivisa con Pablo Echaurren, in forma di dialogo.

L.V.
Pablo, perché noi trascuriamo l’agricoltura?
Carlo Piscane, duca di San Giovanni (Napoli 1818 – Sapri 1857).
Duca, poi ufficiale soldato (anche nella Legione Straniera), poi capo di stato maggiore della Repubblica Romana (con Mazzini, 1849).
Sceglie la contrapposizione natura/società, ne scrive. Dirotta il postale Cagliari su Ponza, libera 300 refrattari e sbarca a Sapri. E’ convinto che le “masse” contadine insorgano, con lui, contro i Borboni. Rimangono in 300, giovani e forti; accerchiati in località Sanza, lui ama la libertà e si uccide, con un colpo di fucile, prima della cattura.
Facile giudicare oggi l’errore di quella spedizione, sostenuta da Mazzini: essere la violenza, soprattutto, l’origine dei (nostri) mali. Ma ancor più facile, 150 anni dopo, ragionare sulle pagine dei suoi “Saggi storici-politici-militari sull’Italia” (pubblicati postumi nel 1858) e convenire con lui: i contadini sono gli unici possibili protagonisti della rivoluzione.
Contadino, nato a sostenere la fatica. Dura tutto l’anno tanta pena a lavorare d’inverno, d’estate, tanti sudori, tanti caldi, tanti freddi. Faticante sinonimo di contadino. La fatica è la sua misura quotidiana. Scrisse bene, Nuto Revelli, anni ‘50: «Le leggi sono state fatte contro i protagonisti; è il controllo delle masse contadine la grande risorsa della restaurazione». Il rispetto di sé e degli altri, l’impegno costante, la pazienza – dei contadini, dico – hanno radici millenarie. Penso che possano essere “usati” con una continua, aspra, lotta all’interno delle istituzioni. Con questi concetti e nel pr eciso ricordo delle parole di Brunetto Latini – scrittore italiano del ‘200, definito da Dante maestro – «Tre sole autorità meritano rispetto: la madre, il padre e il comune», ho promosso, con l’accordo dell’associazione nazionale dei Comuni d’Italia, una legge di iniziativa popolare proprio sulle denominazioni comunali. Le 50.000 firme necessarie non sono state raggiunte per il pressoché totale disinteresse – poi – delle autorità.
I sindaci – visti come amministratori e non come politici – avrebbero potuto controllare e garantire ciascun prodotto dell’agricoltura e della manifattura alimentare nell’ambito territoriale del proprio Comune. Grazie – guarda un po’ – alle possibilità globali (Internet) la loro vendita sarebbe avvenuta attraverso un’agenzia non privata, bensì comunale.
Approvata la legge, non passano 20 (venti) anni e i supermercati delle multinazionali, da noi, chiudono.
Perché, Pablo, trascuriamo l’agricoltura? I centri sociali, da me sollecitati – sollecitati forte – hanno disdegnato di occuparsene.

P.E.
Capisco cosa vuoi dire, contadini, campesini, la dignità della comunità, il rifiuto dell’urbano disumano che tutto appiattisce, avvilisce, imbastardisce, che strappa le radici per renderci mobili, intercambiabili come automi, telecomandati.
Lavorare, faticare, sudare, si, ma per dare voce a un proprio sapere profondo, antico, territoriale, non per servire un potere centrale, industriale. Imitare la patata che germoglia in ogni parte del suo corpo, che sfugge a una concezione verticale, verticalista, ma funziona in orizzontale, quasi un frattale vegetale.
Coltivare invece che cacciare, agricoltori e non predatori. Più fourieristi utopisti che marxisti ortodossi. Il piacere al posto del dovere sarebbe il programma massimo, ma possiamo cercare di realizzare quello minimo, ovvero il piacere nel dovere.
Seminagioni, raccolti, feste libagioni, accompagnano da sempre il lavoro amoroso di chi condida nella terra, di chi segue le fasi lunari, non quelle aziendali. Meglio un giorno da squacquerone che cento da galbanino! Sono d’accordo, ti seguo, ma io vado avanti a rampazzo, alla cieca, mentre tu puoi dare un significato a queste mie parole in libertà.

L.V.
Grazie, Pablo! I contadini possono essere i primi protagonisti della rivoluzione.
Agli operai basta ottenere un salario che stimino giusto, ai contadini no, da che sono
coinvolti in modo diretto, consustanziale a ciò che producono.
Dico sia di quelli che hanno ancora la loro terra e la coltivano, sia di quelli – la stragrande maggioranza – che non l’hanno e coltivano le terre altrui. Nati a sostenere la fatica.
Ripeto: Nuto Revelli, anni ‘50: «Le leggi sono state fatte contro i protagonisti; è il controllo delle masse contadine la grande risorsa della restaurazione».
In Italia, le autorità si sono spinte ad esagerare i tentativi – proprio – della restaurazione.
Solo i vignaioli, grazie ad alcune “battaglie”, hanno raggiunto il benessere, gli altri, quelli che hanno la loro terra, nella misura sufficiente alle necessità familiari, riescono appena appena a far quadrare i conti.
Quelli che non l’hanno, la terra, sono in condizione avvilente (i nostri giovani neppure pensano di dedicarsi all’agricoltura; ad occuparsene siano i disperati che fuggono da altre terre)…
Nei fatti, ogni uomo, in ogni parte del mondo, con leggi giuste, potrebbe vivere con il lavoro della propria terra. Nella nostra patria – la patria è ciò che si conosce e si capisce – i contadini, sia piccoli proprietari, sia braccianti, potrebbero essere, per il favore del terreno e del clima, addirittura dei privilegiati.

Scrivere per il Corriere della Sera, per Veronelli è una sorta di punto d’arrivo.
Collabora dal 1999 al 2004, con la rubrica “Agrodolce”, in uscita nella pagina domenicale sull’agricoltura.

 

n1 – denominazioni comunali

Con Epoca, Veronelli ha collaborato dal 1970 al 1976. Titolo della rubrica “La tavola di Veronelli”.
Ha anche realizzato speciali, divenuti celeberrimi: L’aristocrazia dei cibi, dei formaggi, dei vini, delle acqueviti, dei dolci. Inoltre, un cofanetto a schede: Bere bene con Epoca.

 

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Argomento: cucina (rubriche Cucina, Cucina-Stagione-Vino).
Supplementi: La domenica in trattoria-Dove mangiare bene in Italia.

 

n1 – gennaio barrique

Il Giorno è stato il giornale con cui Veronelli ha avviato la sua lunghissima attività di giornalista, vi ha collaborato, con qualche interruzione, dal 1962 al 1983.  Varie, negli anni, le rubriche (la più conosciuta quella legata al Giro d’Italia).

Gola e salute”, quella dell’esordio e contenuta nell’inserto Il Giorno della donna, è composta di tre parti: una dedicata alla cucina semplice, una a un pranzo completo da offrire a un ospite, una ad una specialità gastronomica.

Piatti semplici e veloci: parliamo di salse

Oggigiorno la cucina occupa una parte assai piccola del tempo della donna moderna; il lavoro, la famiglia, i vari impegni le prendono gran parte della sua giornata. Tuttavia con un po’ di cura e di interessamento è facile anche oggi rendere migliori i soliti piatti, quelli di tutti i giorni. Il mezzo più immediato è di accompagnarli con una salsa, ma non sempre con l’universale maionese (è ora preparata addirittura in tubetti); a lungo andare viene a noia il più raffinato pâté, immaginiamoci la maionese. Se però volete usare proprio quella, usatela pure, ma ringiovanitela, rendetela più attraente, con una delle seguenti: salsa all’indiana (per uova fredde), salsa alla andalusa (per carni alla griglia), salsa alla tedesca (per pollame e cacciagione arrosto), salsa all’inglese (per carni fredde), salsa alla Parmentier (per pesci lessati).

Il menu dell’ospite

Avrete notato: non c’è il solito antipasto. Ad un pranzo non si servono antipasti freddi, a meno che non si tratti di caviale, o salmone affumicato, od ostriche, o cocktails di crostacei e di frutta. Ma io mi propongo di presentare dei menus che siano semplici e non eccessivamente dispendiosi.

Zuppa del Monsignore (con ricetta)

Bistecche all’americana (con ricetta)

Arance tirli-in-birli (con ricetta)

Alla scoperta della specialità

La torta di cipolle (con ricetta)

Il Sommelier italiano è la rivista dell’Associazione Italiana Sommelier.
Veronelli l’ha anche diretta dal 1991 al 1992.
La collaborazione ha inizio con il numero del mese di giugno.

 

n4 – luglio-agosto quando un vino è grande

Veronelli scrive, per il mensile Il Vino, dal 1971, e la collaborazione diverrà regolare dal 1978 al 1988, con la rubrica Le lion ivrogne (il leone ubriaco, anagramma di Gianni Mura sul nome Gino Veronelli).
Il testo dell’esordio è breve, una risposta alla domanda cosa significa Scrivere di vino.

Da anni avere comunione, senza infingimenti o violenze, con lui.
Lui vino, io uomo, capace di dialogare.
Mi arrabbio – immagina – alla retorica del vino placido alla vita, “compagnone”, poppa della vecchiaia.
Il vino è sempre rabbioso, nasce da millenarie fatiche.
Si acquieta se tu ti acquieti, saggio sino a meditazioni.
Tra noi e il vino il rapporto è pari – dico di noi che viviamo al sole e di lavoro – necessario e complementare.
Più vivo, proprio oggi in cui urge la rabbia verde, il desiderio di libertà e, quindi, di un ritorno alla terra.
Vini e uomini veri.
E vuoi, Benini, ch’io non abbia emozioni da questa tua nuova prova, “Il Vino”?
Siate benedetti da che rinnovate emozioni, tu e lui, ancora e sempre.
E abbiate lunga vita (facile augurio in terra da secoli eletta, ancora e sempre, per uomini e vini).

Per La Donna, mensile, Veronelli ha scritto di cucina, dal 1961 al 1965, nella rubrica Le ricette del mese, con la scelta di un argomento strettamente associato all’andamento delle stagioni.

 

n4 – le uova aprile

Nel 1998, Candido Cannavò, leggendario direttore della Gazzetta dello Sport, propone a Veronelli di ripetere l’esperienza de Il Giorno, di 36 anni prima: seguire il Giro d’Italia sul piano enogastronomico.
Titolo della rubrica “L’occhio di Veronelli”. Andrà avanti sino al 2002.

Giro d’Italia 1998
Prima tappa – circuito di Nizza

Sarà, mai partenza per me fu meglio data: prima del viaggio lungo per cibi e vini d’Italia, un tuffo nella cucina di Provenza.
Si parte – omaggio all’Europa, senza confini – con il circuito di Nizza, città antichissima e nuova tra la baia “degli Angeli” e le colline. Cielo e mare.
La città vecchia ti affascina per le minuscole piazze e i vicoli stretti – caruggi, come in Liguria – tagliati da scale; la nuova per i grandi alberghi, il lungomare detto Promenade des Anglais, e i mercati dei fiori secchi e della frutta.
Se hai tempo, se vieni un giorno prima o resti il giorno dopo, tre le visite d’obbligo: alla Casa natale, 1807 di Giuseppe Garibaldi, sul porto; al Museo Matisse, che raccoglie opere famose del “pittore della felicità del vivere”; al Museo Chagall, dove ammirerai – nel bel mezzo di olivi, quercie e cipressi – le splendide tele di Marc Chagall (le sue creature sono sospese nell’aria, lievi e commosse).

Ti accompagnerò – di qui in avanti – ai cibi ed ai vini, sul percorso del Giro, con una qualche emozione, da che sono legati alla terra, alla cultura e alla storia.
Le cucine di Provenza e del Ponente ligure (in cui saremo dopodomani), più che parallele, si intrecciano e sormontano. Nell’una e nell’altra, la pissalandière: torta di rustica pasta di pane, reimpastata con olio e stesa in una teglia, ricoperta prima da un composto d’acciuga (un tempo manipolato addirittura sulle barche), e da uno strato di cipolle, affettate e rosolate in olio, aglio, pomodoro e nero olive, infine cotta in forno; i fiori di zucca ripieni; le olive verdi e nere, in salamoia; i pani con la salvia e la polpa di olive; il pistou, del tutto simile al pesto genovese, con cui condire la pasta e i minestroni; la ratatouille francese, ratatuia italiano, ragù di verdure di stagione, stufate; e soprattutto lo stoccafisso, cotto in millanta modi, diversi di casa in casa: accomodato, al forno, bollito, in umido, in guazzetto, ripieno, abbrandato.
Del tutto nizzarda l’insalata: un caravanserraglio di pomodori, peperoni dolci, cetriolo, cipolla, ravanelli, fave fresche, sedano, uova sode, filetti d’acciuga e ventresca di tonno; il tutto condito con una salsetta a base di: olio di frantoio, aceto, sale e foglioline di basilico (facoltativo l’aglio).
Ti porterei – malgrado il costo altissimo – al Negresco, se ci fosse ancora (non c’è più) lo chef della mia predilezione Jacques Maximin. Eccomi allora indicarti Ristoranti di luminosa accoglienza e cucina familiare (consulti l’elenco telefonico e prenoti): Acchiardo, Auberge de Théo, Au Rendez-Vous des Amis, Chez Pippo, La Cave, L’Autobus, Le Folichon, Le Tire-Bouchon.
Vino? D’obbligo, nizzardo sia bianco sia rosso, il Bellet. Se come me preferisci – puntuale puntuale – un cru: Saint Roman de Bellet.

L’Espresso, per Veronelli è stato “croce e delizia”; iniziò nel 1981 e diede le dimissioni, tutt’altro che contento, nel 1999. La rubrica s’intitolava La bottiglia. Per il settimanale, ha anche realizzato degli speciali, tra cui quello famosissimo sullo scandalo del metanolo.

 

n1 – barbera dalla cascina palazzo – brera

L’Etichetta, l’amatissimo trimestrale sulla vita materiale, esordisce nel 1983, con l’idea di descrivere la giornata del “giovin signore” che ricerca per sè il meglio in qualsiasi momento e gesto della stessa.

Veronelli, oltre ad aver fondato, insieme ad altri, la testata, l’ha diretta sino al 1991.
Qui è riprodotto l’editoriale dell’autunno 1983

Sia intesa come regola, pratica, costume e («più correttamente d’ogni altro», scrive, nel 1600, Lorenzo Magalotti, Roma 1637 – Firenze 1712) stile, sia come insegna, targhetta, cartellino a distinguere un manufatto, pochi altri nomi hanno in sé, così chiari, il programma e il messaggio.

Io e i miei collaboratori – ciascuno, nel proprio campo, ai vertici – proporremo, in un libro che avrà cadenza trimestrale, a te giovin signore (giovane certo, quantomeno per spirito), ed a te giovanissima amica paritaria, quanto di meglio avremo selezionato, dopo attent’e minuzios’e personali sperimentazioni, e con l’esasperata volontà di perfezione.

Argomento gli “incontri” e gli oggetti della tua vita, dal momento del risveglio mattutino (il primo numero, faccio esempio, si apre con tutt’una serie sfiziosa di scendiletto), ora via ora – così da coinvolgere ogni “impegno”, di lavoro (la motocicletta che ti porterà nella buona stagione, l’automobile nella cattiva, il computer, la macchina da scrivere continua continua) e le piacevoli soste: tavola, sport, vacanze – sino al momento del riposo (amore e sonno).

Di persona – «uomo dato alla gola, e a tutti i piaceri sensuali e mondani» – provati da me, goduti da me, scritti da me, ti racconterò la serie lunga e provocante dei cibi, dei vini, delle acqueviti e degli accessori di tavola.
Luigi Veronelli

Su Panorama, Veronelli ha portato avanti le battaglie per l’affermazione della qualità (quella sull’indicazione del nome del cru in etichetta) e forti polemiche sulle leggi agricole contro i piccoli produttori.

Titolo della rubrica: “Il buon vino”. Ha collaborato dal 1971 al 1981 e ha anche realizzato vari speciali e inserti.

 

n294 – le rive rosse – villa dal ferro

Il rapporto con Sorrisi & Canzoni TV, è durato dal 1983 al 1988, con la rubrica, seguitissima: Pan’e Vino, un caleidoscopio di contenuti (ricette, consigli, aneddoti, ecc.)

 

n27 – salsette + autopresentazione