Nel 1998, Candido Cannavò, leggendario direttore della Gazzetta dello Sport, propone a Veronelli di ripetere l’esperienza de Il Giorno, di 36 anni prima: seguire il Giro d’Italia sul piano enogastronomico. Andrà avanti sino al 2002.
L’OCCHIO DI VERONELLI
(Prima tappa – circuito di Nizza)
Sarà, mai partenza per me fu meglio data: prima del viaggio lungo per cibi e vini d’Italia, un tuffo nella cucina di Provenza.
Si parte – omaggio all’Europa, senza confini – con il circuito di Nizza, città antichissima e nuova tra la baia “degli Angeli” e le colline. Cielo e mare.
La città vecchia ti affascina per le minuscole piazze e i vicoli stretti – caruggi, come in Liguria – tagliati da scale; la nuova per i grandi alberghi, il lungomare detto Promenade des Anglais, e i mercati dei fiori secchi e della frutta.
Se hai tempo, se vieni un giorno prima o resti il giorno dopo, tre le visite d’obbligo: alla Casa natale, 1807 di Giuseppe Garibaldi, sul porto; al Museo Matisse, che raccoglie opere famose del “pittore della felicità del vivere”; al Museo Chagall, dove ammirerai – nel bel mezzo di olivi, quercie e cipressi – le splendide tele di Marc Chagall (le sue creature sono sospese nell’aria, lievi e commosse).
Ti accompagnerò – di qui in avanti – ai cibi ed ai vini, sul percorso del Giro, con una qualche emozione, da che sono legati alla terra, alla cultura e alla storia.
Le cucine di Provenza e del Ponente ligure (in cui saremo dopodomani), più che parallele, si intrecciano e sormontano. Nell’una e nell’altra, la pissalandière: torta di rustica pasta di pane, reimpastata con olio e stesa in una teglia, ricoperta prima da un composto d’acciuga (un tempo manipolato addirittura sulle barche), e da uno strato di cipolle, affettate e rosolate in olio, aglio, pomodoro e nero olive, infine cotta in forno; i fiori di zucca ripieni; le olive verdi e nere, in salamoia; i pani con la salvia e la polpa di olive; il pistou, del tutto simile al pesto genovese, con cui condire la pasta e i minestroni; la ratatouille francese, ratatuia italiano, ragù di verdure di stagione, stufate; e soprattutto lo stoccafisso, cotto in millanta modi, diversi di casa in casa: accomodato, al forno, bollito, in umido, in guazzetto, ripieno, abbrandato.
Del tutto nizzarda l’insalata: un caravanserraglio di pomodori, peperoni dolci, cetriolo, cipolla, ravanelli, fave fresche, sedano, uova sode, filetti d’acciuga e ventresca di tonno; il tutto condito con una salsetta a base di: olio di frantoio, aceto, sale e foglioline di basilico (facoltativo l’aglio).
Ti porterei – malgrado il costo altissimo – al Negresco, se ci fosse ancora (non c’è più) lo chef della mia predilezione Jacques Maximin. Eccomi allora indicarti Ristoranti di luminosa accoglienza e cucina familiare (consulti l’elenco telefonico e prenoti): Acchiardo, Auberge de Théo, Au Rendez-Vous des Amis, Chez Pippo, La Cave, L’Autobus, Le Folichon, Le Tire-Bouchon.
Vino? D’obbligo, nizzardo sia bianco sia rosso, il Bellet. Se come me preferisci – puntuale puntuale – un cru: Saint Roman de Bellet.
Luigi Veronelli