Domani il giorno esatto del decennale della scomparsa di Gino.
Nulla di meglio che ricordarlo, oltre che con un bicchiere di vino, che con suoi scritti, sulla terra.
Ho recuperato tre estratti dell’editoriale, da altrettanti numeri del “suo” Ex-Vinis.
Ciao Gino!
Gian Arturo Rota
Ex Vinis n. 38, dicembre 1997
LA TERRA
Sono un contadino che – per ventura – s’è fatto scrittor’e giornalista.
All’editore del mio ultimo libro sulle “Città del Vino”, avevo detto: «Stia attento! Le anticipo, tutto tutto lo scritto. Alla fin fine, una sola – ma variatissima – parola: la terra, la terra, la terra, la terra, la terra, la terra, la terra, la terra all’infinito». L’editore ha sorriso.
Ogni volta che termino un libro e lo consegno – questo poi: la terra, la terra, la terra – mi dico: «è l’opera migliore che tu abbia “prodotto”; ne avrai gloria e danée». Non ho mai avuto nè gloria, nè danée. ‘Stavolta ho anche inquietudini.
Mai come quest’anno, quella parola variabilissima e tuttavia unica, la terra, ha tanto dato.
Ho camminato, dai primi di settembre, le vigne d’Italia tutta e scrivo oggi, 21 ottobre, inebriato dalle visioni, pressochè ovunque, d’uve mai viste. Così perfette. Così vogliose di dare.
Una vendemmia che supera, senza ombra di dubbio, ogni altra che l’abbia, nel secolo, preceduta.
Lo affermo dopo aver letto i dati “storici”, dal 1900 al 1950, da che, poi, le ho camminate, le vigne, e le ho viste, le vendemmie.
Ora torna in me, appieno, la contadineria. L’eterno affanno dell’uomo che ha faticato e visto faticare.
La mia terra mi ha dato oltre ogni dire. L’uva è raccolta.
Ex-Vinis n. 39, marzo 1998
LA TERRA, LA TERRA, LA TERRA
… Ancora una volta oggi, sulla spinta delle proteste “contadine”, metto sotto accusa – la mia rabies sarà mai sufficiente? – le autorità (si fa per dire) agricole.
Chi, per interesse o divertimento, mi legge, sa: dal 1956 denuncio senza mezzi termini il coacervo, fitto oltre ogni dire, di tangenti, sopercherie, illegittimità e intrallazzi, compiuti dai padroni del vapore, con l’acquiescenza o l’arrendevolezza, quando non in colpevole combutta – questa sì padrinesca e mafiosa – di politici, corporazioni e sindacati, senza distinzione alcuna di colore.
Tutti alla greppia, a danno di coloro – i contadini veri, gli oliandoli, gli allevatori, i pastori, i pescatori, i vignaioli, gli ortolani, continua continua – proprio quelli, di cui avrebbero dovuto – pensa té – patrocinare gli interessi.
… Vi è un comparto – agricolo, dico – che s’è salvato? Ch’è rimasto a galla? V’è ed è la viti-vinicultura.
Chi avrà il compito – giovani, la gran fortuna e realtà – di redigere la storia, appunto viti-vinicola della nostra Patria, si troverà di fronte, settimana via settimana – ma potrei scrivere giorno via giorno – all’immane carteggio con cui ci si è imposti contro il tentativo di mantenere prima, di riportare poi, anche la viti-vinicultura sulle strade smerdae di quell’altra agricoltura, l’offiziale.
Basta ch’io citi, a puro titolo di esemplificazione, gli “autori” dei decreti automatici, anno per anno, dell’arricchimento vendemmiale. In pratica arricchimento dei politici, dei funzionari e di una decina di industriali, impoverimento dei contadini e del mercato.
Si dovrebbe proprio guardare ai risultati viti-vinicoli sul piano della qualità e – in diretta conseguenza – dell’economia, per individuare – chiara, netta, palmare – la via – per ciascuno degli altri prodotti agricoli coltivati e/o lavorati – da intraprendere.
L’Italia è unica, nel mondo intero, a fruire di condizioni – per terre, climi e uomini – del tutto singole e differenziate.
Se avremo il coraggio di sostenere – ed in primis ai livelli internazionali, più ancora che europei – la libertà assoluta del mercato e l’eliminazione d’ogni forma di sussidio, il ventaglio ed il divario qualitativo, sono tali, così ampi ed a nostro favore, che ben presto – com’è successo per i vini seri – i nostri prodotti “naturali”, sia per sè soli, sia lavorati – ortofrutticoli, caseari, dell’allevamento, della salumeria, della conservazione, continua continua – si porteranno, con sorprendente facilità, al primato qualitativo (e quindi remunerativo)…
Ex Vinis n. 42, settembre 1998
LA NUDA TERRA
La Terra è l’imperativo categorico dell’Uomo; l’Industria è secondaria.
Se questa affermazione è giusta, gli uomini debbono meditare, come nei secoli si sia arrivati – con danni estremi, se commisurati ai vantaggi – alla formulazione contraria.
Da questa presa di coscienza, nasce la necessità, non rinviabile, di una sovversione nuova (che è, nei fatti, la più evidente e saggia delle restaurazioni).
Sovversione. Quanta paura in questa parola.
Dimmi allora tu come “vanno le cose”. ?Abbiamo motivo di essere lieti e sereni? Quali sono le speranze dei nostri figli e dei nipoti? V’è da essere terrorizzati. E non vuoi cambiare sin dalle radici?
Mi sembra ragionevole pensare di cambiare tutto ciò che è male o è fatto male. Sovvertire.
La parola e il verbo, soli, possono farci sperare nella ripresa di un vivere civile.
Sono concetti elementari e proprio per ciò indiscutibili.
L’uomo ha dalla terra ciascuna delle sue reali possibilità. Avere rispetto per la terra, chiederle di darci l’acqua e il pane, l’olio d’oliva e il vino, quant’altro è necessario per una vita serena, è l’unica via. Quant’altro anche ciò di cui si ha una sempre maggiore necessità: il riposo e il silenzio.
Sono queste le ragioni per cui m’incontro con gioia anche con i ragazzi estremi, ogni volta che ho la certezza essere, il loro estremismo, davvero il sinonimo di libertà dell’altro. Ogni volta che leggiamo la storia, ci accorgiamo come sia stata dominata dalla violenza. Solo se i giovani – non noi, noi abbiamo dimostrato di essere violenti – intuiranno essere la libertà dell’altro, quindi la non violenza, il principio insostituibile della vita, avranno vita.
Io mi son riservato – dal momento in cui mi sono accorto essere, nelle mie capacità – di scrivere di cibi e di vini. Con il “trucco” della cultura, spinta avanti oltre ogni dire, anche con le invenzioni e con le bugie.